sabato 9 maggio 2009

Il piacere di imparare ad essere inermi



E' evidente agli accorti l'impatto dei mezzi di comunicazione di massa - specialmente nel nostro paese, dove essi sono in buona parte omologati e controllati - sulla strutturazione delle coscienze individuali e sulla definizione della percezione collettiva. Proprio il fatto che di tale effetto la massa non abbia piena consapevolezza potrebbe confermare indirettamente la sua pervasività ed efficacia. Quanto questo costante e imprescindibile condizionamento influisca sulla potenziale predisposizione della popolazione a (non) agire e (non) reagire alla fenomenologia della civiltà contemporanea è fortunatamente oggetto di intensa ed interessante discussione in molti posti da parte di personalità più competenti di me. Sottolineo soltanto che le risorse messe a disposizione dal Web nell'epoca del "mondo piatto" possono significativamente aiutare a corrodere questo stato di cose.
Espandendo opinioni già espresse in un precedente post, qui vorrei aggiungere alcune osservazioni, con l'intento non di giustificare quanto sta accadendo, bensì di cercare di avvicinarmi, pur nella mia ingenuità, ad una sua più chiara comprensione.

Negli anni '60 lo psicologo sperimentale Martin Seligman osservò per primo le ricadute psicologiche della percezione di assenza di controllo ed autonomia individuale. In una serie di esperimenti, tre diversi gruppi di animali, posti a turno nella stessa scatola, dovevano imparare a saltare in una precisa maniera per passare da una certa configurazione ad un'altra. Il primo gruppo, senza precedenti esperienze del genere, riuscì. Il secondo, che era già stato addestrato in differenti condizioni ma verso lo stesso compito, imparò più in fretta del primo gruppo. Ma il terzo gruppo - che era stato educato in precedenza in cattività in condizioni in cui gli era praticamente impossibile sfuggire a dolorosenscosse elettriche - non imparò. O meglio: con fare induttivista, neanche provò ad imparare. Il terzo gruppo, in conseguenza della sua esperienza pregressa, aveva pertanto imparato ad essere inerme, a non agire, anche quando fosse nelle condizioni di poterlo a tutti gli effetti fare. Seligman sviluppò i suoi studi sulla learned helplessness fino a vedere in questo comportamento una radice della depressione clinica.

Potrei suggerire che qualcosa di simile stia accadendo anche in Italia, quantomeno. In breve, a fronte di decenni di immobilismo (statale, politico, burocratico, giudiziario ed altro, strutturale o voluto e indotto) - ovvero, a fronte di una pluriennale educazione o abitudine a constatare le istituzioni in stagnazione ed inerzia se non in malversazione, apparentemente inefficaci o incapaci di combattere le storture e distorsioni del paese; e, nondimeno, la più recente constatazione che la pena non è più certa per chi compie reati (sancita dagli indulti e dai lodi), la popolazione italiana ha imparato che, anche volendo, non ha senso mobilitarsi per cambiare le cose: essa presume ormai, a priori, che ciò risulterà impossibile. Soprattutto, ha imparato a non avere neppure più voglia di mobilitarsi. E anche quando le condizioni cambiassero, e spazi di azione e prospettive di cambiamento potessero essere in vista, avrebbe difficoltà a rendersene conto e a volersi svegliare dal suo candido torpore. Gli sporadici (seppure significativi) esempi in controtendenza rischierebbero di essere anche osteggiati (mi viene in mente Roberto Saviano, e gli altri preziosi esempi residui di giornalismo investigativo).

Allo stesso tempo, ad aumentare enormemente l'inerzia della popolazione ad agire, quindi a convincerla a continuare a trastullarsi nel disfattismo invece di organizzarsi e rivendicare le proprie priorità, è intervenuto con gli anni l'intrattenimento di scadente qualità proposto dalle emittenti televisive nazionali - più in generale, l'orientamento frivolo e votato al divertimento della nostra società. Questo è andato ad installarsi ed a sostenere quella che Erich Fromm chiamerebbe l'insostenibilità della libertà, dell'autonomia, in definitiva della responsabilità. Nel negare, a prescindere, ogni possibile spiraglio di successo alla sua potenziale azione rinnovatrice e scardinatrice, la massa si spoglia evidentemente (e con un certo, liberatorio piacere) anche da ogni propria responsabilità di controllo e supervisione del corretto funzionamento delle istituzioni, continuando a godere senza remore di un "panem et circenses" mai abbondante e attraente come ora. In questo modo, la massa ottiene di soggiacere nell'inerzia alleviando o rimuovendo allo stesso tempo la sofferenza ed il dolore indotte dell'impotenza con il piacere facilmente reperibile sul mercato.

Fromm intravedeva in questa fondamentalmente libidinosa destituzione del potere (e del suo onere) da parte della massa la radice psicologica del successo dei regimi totalitari. Oggi non ci sarebbe bisogno di carri armati e squadrismi per la loro instaurazione. Anzi, quei mezzi rischierebbero di svegliare il popolo insonnolito.

Riferimenti:
B. Schwartz, The paradox of choice(contiene riferimenti ai lavori di Seligman nel contesto della problematica delle scelte nella società attuale).
E. Fromm, Fuga dalla libertà (psicanalisi delle masse sostenuta da esempi storici di inizio secolo XX).

venerdì 1 maggio 2009

Wolfram|Alpha ed il progresso dell'erosione



Ogni nuovo progresso dell'intelligenza artificiale è suscettibile di essere accolto dagli umani come un affronto alla loro intelligenza, come un'ennesimo, ulteriore, temibile attacco a quella intima e privilegiata sfera di libertà in cui si anniderebbe (innatamente o tradizionalmente) il senso e il nucleo della precipua identità umana - un'erosione pervicace e progressiva di quel dominio di attività e capacità che, considerate fino a ieri prerogativa imprescindibile, inviolabile ed irreplicabile dell'intelligenza umana, devono invece ed a malincuore essere ridiscusse e ridimensionate a fronte di una loro meccanizzazione, automazione e, in definitiva, svilimento.
Questa è la disturbante sensazione che può ingenerare in tanti homines sapientes il semplice concetto - o i più recenti risultati - di machine learning. Questo si è verificato con il debutto dei motori di ricerca per il web, in particolare di Google - che seppe imporsi e raggiungere lo status di cui gode attualmente in virtù del suo modo innovativo di ordinare i risultati delle sue incursioni tra lo scibile disponibile online. Esistono decine di altri esempi simili.
Ed ogni volta che simili traguardi tecnologici vengono raggiunti, riaffiora quella sottile e pervasiva inquietudine, quel senso di inutilità e di smarrimento, o piuttosto quel sentimento di minaccia e timore propri del nichilismo. Un turbamento che puntualmente si affievolisce poi con la frequentazione delle e l'assuefazione alle nuove tecniche, ma che prima di ricelarsi in sottofondo spaventa con la violenza che solo lo sradicamento, la distorsione e lo svuotamento di valori sacri e fondamentali può arrecare. Si arriva pertanto a pensare: cosa rimane all'uomo che sia veramente umano? Più specificamente - in relazione all'intelligenza artificiale - con malcelata e, in ultima analisi, ingiustificata presunzione ci si può chiedere: cosa rimane ancora a distinguere l'intelligenza umana da quella meccanica, ed a renderla superiore?

Pochi giorni fa, Stephen Wolfram ha presentato (come può vedere nel video proposto sopra) alla Harvard School of Law (Boston, USA) il primo prototipo di Wolfram|Alpha. La nuova creatura del fondatore e sviluppatore di Mathematica dovrebbe essere reso pubblicamente accessibile online entro Maggio 2009.
Alpha è il risultato di un progetto pluriennale assai ambizioso iniziato anni fa da Wolfram e tenuto essenzialmente segreto sino al momento della sua presentazione. Ciò risulta abbastanza sorprendente, considerato che, a quanto è dato di capire, si tratta di un servizio online in grado potenzialmente di avere lo stesso impatto sul web - e quindi sull'intera civiltà - che ebbe Google a suo tempo. Ma al tempo di Google. In attesa di provarlo, una interessante e critica panoramica delle sue prestazioni, novità e potenzialità è disponibile in questa pagina.
Cosa rende Wolfram|Alpha tanto interessante? Non si tratta di un semplice motore di ricerca, bensì del primo esempio di computational knowledge engine. Alpha introduce un paradigma essenzialmente nuovo nell'elaborazione e fruizione della conoscenza e dell'informazione disponibile online. Per apprezzare il nuovo salto in avanti, è opportuno paragonarlo con il paradigma vigente - quello di Google.
L'utente di Google (ossia oltre il 90% degli utenti della rete) inserisce delle parole chiave nel motore di ricerca, ed il motore gli fornisce come risultato una lista ordinata di siti web dove si può presumibilmente trovare informazione correlata a o evocata da quelle parole chiave. Si tratta in particolare di informazione esplicita, pregressa, già ordinata, ma spesso frammentata e non organizzata nella maniera congeniale per l'utente, cui ancora resta lo sforzo e l'impegno di elaborarla per i suoi scopi. Google non agisce sulla conoscenza: semplicemente facilita l'accesso ai posti dove essa è disponibile, in qualche forma. Google segue il paradigma del surfing, cioè resta in superficie: fornisce soltanto elenchi di siti dove l'utente, immergendosi e ragionando, può con una certa probabilità soddisfare eventualmente la sua curiosità.
Alpha è diverso - e per questo sarà, almeno all'inizio, più un complemento che un diretto avversario di Google. Alpha interpreta le stesse parole chiave di cui sopra come elementi di una domanda e, come in vero oracolo, si cimenta nell'elaborazione della risposta: è il software stesso che si immerge nello scibile e riporta in superficie la risposta elaborata al quesito - il paradigma del palombaro. E se questa informazione o conoscenza - ammesso che sia disponibile ed accessibile - non esiste tuttavia in forma esplicita online, Alpha cerca di calcolarla sulla base dei dati e degli algoritmi esistenti.
Esempi (tratti dal video disponibile sopra). Inserite una stringa di basi azotate, come ATCTGTCCTAACT. Google vi fornisce link a database di genetica, a pagine di chimica organica e simili. Con la stessa velocità, Alpha probabilmente vi dice in quale parte del genoma (umano o no) si trova quella esatta sequenza di basi. Per fare ciò, Alpha entra nei database ma non si limita a portare il database alla disponibilità dell'utente: ci lavora sopra. Inserite "Everest / Monte Bianco". Google vi manda a pagine del National Geographic, a immagini di queste vette innevate e via dicendo. Alpha risponde: meno di 2! Perchè interpreta l'input come una domanda, che molto probabilmente riguarderà il rapporto tra le dimensioni dei due oggetti, che sa essere in particolare dei monti, di cui può conoscere i dati accedendo ai database. Inserite "prossima eclissi Roma". Google vi rimanda a tavole di eclissi, siti di astronomia, foto di Roma eccetera. Alpha invece accede ai database con le posizioni planetarie, applica le equazioni della meccanica celeste e interpreta i risultati dal punto di vista di Roma, fornendo come risultato la data della prossima eclissi visibile da Roma: una conoscenza che, se non già esplicitamente calcolata, non si troverebbe online. Inserite "re minore". Google vi manda a molte pagine, sia di musica che di società reali. Alpha quantomento vi fa ascoltare la scala di re minore. E cose simili si potranno avere per finanza, biografie, cucina, materiali, matematica, scienza ed altro ancora.

In sostanza, quello che Alpha ci sta per proporre - valuteremo ovviamente in che modo e fino a che punto - è la automatizzazione dell'elaborazione della conoscenza, oltre che della sua acquisizione. Ecco la nuova frontiera dell'erosione. Nelle parole di Wolfram, Alpha vuole comportarsi come un esperto in ogni campo dello scibile: un onnisciente a portata di click, semplice da consultare ed alla portata di tutti in quanto non richiedente esperienza pregressa negli stessi campi di indagine. Un passo avanti verso l'onniscienza globale.
Si intuisce a questo punto la portata del progretto intrapreso da Wolfram - destinato a svilupparsi, come avviene per Mathematica da 23 anni, nel tempo. Un progetto tanto ambizioso che anche il suo ideatore dubitò della sua fattibilità per lungo tempo, per rimanere finalmente sorpreso della sua attuabilità.
Alpha si fonda su milioni di righe di codice Mathematica. Per la sua realizzazione, il team interdisciplinare di oltre 100 ricercatori ha dovuto affrontare 4 problemi principali dal punto di vista dell'automatizzazione: 1) Acquisizione e purificazione dei dati (verifica delle fonti, confronti incrociati, analisi e pulizia); 2) calcolo sulle strutture dati acquisite; 3) interpretazione e comprensione del linguaggio naturale (in cui vengono forniti gli input al programma); 4) presentatione algoritmica dei risultati. In particolare, il terzo punto sembra essersi dimostrato meno problematico del previsto (c'era timore per l'ambiguità intrinseca del linguaggio naturale), a differenza del quarto - perchè Alpha vuole presentare diagrammi, grafici, correlazioni in maniera automatica e facilmente fruibile dall'utente. In più, quando sarà operativo Alpha funzionerà su decine di migliaia di processori, utilizzando le ultime conquiste del calcolo parallelo.
E' anche possibile che quanto ci è noto finora sia solo una parte delle prestazioni e delle potenzialità del software. Le sue ambizioni potrebbero essere ben superiori, se a questo si aggiungesse la capacità di apprendere e di evolversi autonomamente. Alpha potrebbe aiutare persino a generare - o quantomeno dedurre e disvelare - nuova conoscenza.
I motori computazionali di conoscenza sono l'ultima frontiera nel rendere la conoscenza accessibile, disponibile, fruibile - e soprattutto, abbondante. Verso la realizzazione di un grande cervello collettivo e distribuito in grado di gestire le conquiste della civiltà.

Quindi, cosa rimarrà di precipuo all'uomo?
Viene da pensare che accumulare conoscenza - ciò che un tempo rendeva le persone erudite, dotte e per questo degne di considerazione e rispetto nella società, a fronte di un impegno personale nello studio sostanziale - sarà presto considerato non l'eccezione, bensì la regola. Ci saranno sempre meno scuse per rimanere ignoranti, se non per diventare esperti. Lo sforzo della ricerca e della conquista della conoscenza potrebbero impallidire. Non ci si distinguerà più soprattutto per quantità di conoscenze assimilate, bensì per il modo in cui saranno utilizzate. Ammesso che l'accesso alla rete diventi altrettando diffuso e disponibile a tutti - il problema dell'accesso rimarrà, se non si acuirà addirittura. Si dovranno inventare nuove tipologie e modalità di individualità - prima che l'idea stessa di individualità arrivi a scomparire.
Rimarrà intatta, se non aumentata, l'importanza della curiosità, ovvero della spinta endogena a cercare, ad informarsi, e del ragionamento critico e indipendente, cioè della ricerca del vero, della ripetizione, conferma o confutazione del conosciuto, dell'esplorazione personale. E la creatività resterà una capacità insopprimibile, un momento inalienabile di esperienza, di sintesi innovativa, di espressione, arricchimento, superamento e definizione personale. E più in generale, si esaltetà la crucialità della volontà, della capacità di imporre direzionalità all'azione, di determinare la traiettoria dei movimenti, di segnare il tracciato dei percorsi fisici ed intellettuali nel mare magnum dell'abbondanza di informazione e conoscenza, in sè priva di intrinseco orientamento.
E rimarranno gli umanissimi sentimenti.

Fare predizioni è tuttavia difficile - specialmente del futuro. E forse tutto ciò è soltanto l'ennesima utopia destinata a fallire.
Fino al prossimo progresso dell'erosione.


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1 - Backstage del lancio di W|A
2 - Giorgio bocca esprime compiutamente - per dirla nei termini Baricco - il punto di vista della vecchia "civilta'" nei confronti della "barbarie" rappresentata dalle macchine intelligenti.