giovedì 15 dicembre 2011

Attori o spettatori

Forse la storia darà ragione a Montale, e finirà che la vita andrà così veloce che non resterà che segliere tra viverla o raccontarla.
Nel momento in cui ci soffermerà ad osservarlo il mondo sarà già avanzato, non sarà più lo stesso, e ci si troverà di colpo in affanno a rincorrerlo: nuove conoscenze saranno già state metabolizzate dopo aver rivoluzionato, ancora una volta e nostra sponte, le nostre percezioni ed aver esteso i confini del possibile, nuovi avvenimenti saranno già stati archiviati per ospitare i nuovissimi. 

Certo, sono millenni che il monito di Eraclito risuona nei nostri orecchi; ma tra poco bisognerà forse decidere, una volta per tutte, se farsi travolgere dalla corrente del fiume o restarne fuori ad osservarla. La scelta sarà tra una vita da spettatore e una da attore del proprio tempo – specie complementari destinate alla mutua incomunicabilità ed ad un’esistenza assoluta. O ci si ritirerà dal flusso difendendosi dai suoi continui fendenti mediante razionalizzazioni e testimonianze, o si parteciperà impulsivamente alla corsa previa astinenza dalla riflessione. Così Hegel si barricava dietro una ricostruzione ideale dell’epopea dello spirto guerriero ch’entro un tempo gli ruggiva – ma forse solo perchè non aveva avuto modo di provare l’estasi del trasporto.
I barbari, come li chiama Baricco, sospettano da anni che questo sia lo scenario che si sta preparando; ma questa anticipazione non li rende più pronti di altri alla scelta. Restano in superficie, si districano tra mille compiti simultanei, piccoli, brevi e di minima responsabilità, ma sono internamente rosi dall’ansia di perdere il passo, al punto da esitare ad escogitare un glorioso abbandono delle scene. Già la loro comunicazione è ridotta a cinguettio. I blog di opinione o speculazione (figurarsi giornali e riviste) sembrano vecchi e noiosi e restano deserti – specialmente se sono redatti da persone realmente prossime ai lettori e che persistono nonostante tutto a pensare autonomamente, alzando la testa e senza badare a restare nel coro (nel qual caso, l’originalita’ puo’ essere addirittura avversata dall’invidia e dai paragoni che i lettori fanno tra loro e gli autori; a meno che questi ultimi non siano o diventino poi famosi). L’affermazione personale si manifesta massimamente tramite la condivisione di contenuti, non con la loro creazione – perche’ inventare e’ molto piu’ difficile che copiare e incollare. Si preferisce aspettare che il paniere dei feed RSS si popoli dei contenuti di altri che descrivano una parte reale o ideale di noi, piuttosto che dedicarsi ad elaborazioni originali. I segnali di attivita’ e di interazione interpersonale si riducono a sfuggenti graffiti iscritti sui muri o sui flussi delle reti sociali. L’abbondanza delle cose alla cui fruizione si ha accesso è tale da distorcerne ed eroderne proporzionalmente il valore. E chi si affeziona agli effetti della quantità piuttosto che a quelli della qualità finisce con l’allentare le maglie dei propri filtri, ingenerando la prospettiva di un abbassamento generale dei livelli di sensibilità a ciò che è rilevante. Al contempo, il miglior modo per sperare che qualcosa resti impresso da qualche parte risulta pertanto condividerlo all’attenzione degli altri – evocando una sorta di memoria collettiva distribuita in cui l’individuo sa orientarsi solo osservando il riflesso delle proprie proiezioni. I fatti si scorgono, si valutano sommariamente e se ne trasmette nota rapidamente ad altri. Catturare l’attenzione conta piu’ che l’attenzione stessa. Il mondo specchio è pervaso da ondate di eccitazione polarizzata. Si spera che ad un certo punto, durante questo processo di rimbalzi e carambole che e’ la condivisione, qualcuno o qualcosa trasformi tali fatti in conoscenze ed eventualmente in cultura.
Lo spettatore finisce così per diventare l’attore principale della scena barbara: lo spettacolo è gestito prevalentemente da commentatori e testimoni, che si tramandano le gesta di una minoranza di creativi. Non si tratta ne’ di amanuensi ne’ di reporter, tuttavia, I barbari risolvono – forse inconsapevolmente – l’angoscia montaliana della scelta di ruolo con un tentativo di compromesso, in cui quella dicotomia tra produrre e riprodurre si annulla per identificazione.
Questo tipo di barbari lasceranno il posto ai barbari successori non prima che questa soluzione avrà cessato di valere. E ciò avverrà quando a testimoniare i tempi esplosivi a venire resteranno solo attori assorti nel loro genio creativo.