Forse
la storia darà ragione a Montale, e finirà che la vita andrà così veloce che non
resterà che segliere tra viverla o raccontarla.
Nel momento in cui ci soffermerà ad osservarlo il mondo sarà già avanzato, non
sarà più lo stesso, e ci si troverà di colpo in affanno a rincorrerlo:
nuove conoscenze saranno già state metabolizzate dopo aver rivoluzionato, ancora una volta e nostra sponte, le nostre percezioni ed aver esteso i confini del
possibile, nuovi avvenimenti saranno già stati archiviati per ospitare i
nuovissimi.
Certo, sono millenni che il monito di Eraclito risuona nei nostri
orecchi; ma tra poco bisognerà forse decidere, una volta per tutte, se farsi
travolgere dalla corrente del fiume o restarne fuori ad osservarla. La scelta
sarà tra una vita da spettatore e una da attore del proprio tempo – specie
complementari destinate alla mutua incomunicabilità ed ad un’esistenza assoluta.
O ci si ritirerà dal flusso difendendosi dai suoi continui fendenti mediante
razionalizzazioni e testimonianze, o si parteciperà impulsivamente alla corsa previa
astinenza dalla riflessione. Così Hegel si barricava dietro una ricostruzione
ideale dell’epopea dello spirto guerriero ch’entro un tempo gli ruggiva – ma
forse solo perchè non aveva avuto modo di provare l’estasi del trasporto.
I barbari, come li chiama Baricco, sospettano da anni che questo sia lo scenario
che si sta preparando; ma questa anticipazione non li rende più pronti di altri alla
scelta. Restano in superficie, si districano tra mille compiti simultanei,
piccoli, brevi e di minima responsabilità, ma sono internamente rosi dall’ansia
di perdere il passo, al punto da esitare ad escogitare un glorioso abbandono
delle scene. Già la loro comunicazione è ridotta a cinguettio. I blog di
opinione o speculazione (figurarsi giornali e riviste) sembrano vecchi e noiosi
e restano deserti – specialmente se sono redatti da persone realmente prossime
ai lettori e che persistono nonostante tutto a pensare autonomamente, alzando
la testa e senza badare a restare nel coro (nel qual caso, l’originalita’ puo’
essere addirittura avversata dall’invidia e dai paragoni che i lettori fanno
tra loro e gli autori; a meno che questi ultimi non siano o diventino poi famosi). L’affermazione
personale si manifesta massimamente tramite la condivisione di contenuti, non
con la loro creazione – perche’ inventare e’ molto piu’ difficile che copiare e incollare. Si preferisce aspettare che il paniere dei feed RSS si popoli dei contenuti di
altri che descrivano una parte reale o ideale di noi, piuttosto che dedicarsi
ad elaborazioni originali. I segnali di attivita’ e di interazione
interpersonale si riducono a sfuggenti graffiti iscritti sui muri o sui flussi
delle reti sociali. L’abbondanza delle cose alla cui fruizione si ha accesso è
tale da distorcerne ed eroderne proporzionalmente il valore. E chi si affeziona
agli effetti della quantità piuttosto che a quelli della qualità finisce con
l’allentare le maglie dei propri filtri, ingenerando la prospettiva di un
abbassamento generale dei livelli di sensibilità a ciò che è rilevante. Al
contempo, il miglior modo per sperare che qualcosa resti impresso da qualche
parte risulta pertanto condividerlo all’attenzione degli altri – evocando una
sorta di memoria collettiva distribuita in cui l’individuo sa orientarsi solo
osservando il riflesso delle proprie proiezioni. I fatti si scorgono, si
valutano sommariamente e se ne trasmette nota rapidamente ad altri. Catturare
l’attenzione conta piu’ che l’attenzione stessa. Il mondo specchio è pervaso da
ondate di eccitazione polarizzata. Si spera che ad un certo punto, durante questo
processo di rimbalzi e carambole che e’ la condivisione, qualcuno o qualcosa
trasformi tali fatti in conoscenze ed eventualmente in cultura.
Lo spettatore finisce così per diventare l’attore principale della scena
barbara: lo spettacolo è gestito prevalentemente da commentatori e testimoni,
che si tramandano le gesta di una minoranza di creativi. Non si tratta ne’ di
amanuensi ne’ di reporter, tuttavia, I barbari risolvono – forse
inconsapevolmente – l’angoscia montaliana della scelta di ruolo con un
tentativo di compromesso, in cui quella dicotomia tra produrre e riprodurre si
annulla per identificazione.
Questo tipo di barbari lasceranno il posto ai barbari successori non prima che
questa soluzione avrà cessato di valere. E ciò avverrà quando a testimoniare i
tempi esplosivi a venire resteranno solo attori assorti nel loro genio
creativo.
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