Ci sarà ancora bisogno di scuole, domani?
Credo di si: certamente per i livelli minimi
ed elementari, mentre la questione è più interessante e meno facilmente
decidibile per i livelli superiori.
La conoscenza è già reperibile online, e
gratuitamente per una parte consistente; le possibilità di comunicazione,
condivisione, critica e scambio di informazione crescono quotidianamente.
Dunque, premettendo il possesso non scontato delle capacità di intelligenza e
di autonomia individuali, perchè rinchiudersi ancora collettivamente in queste
stanze tendenzialmente tristi e noiose affollate di giovani allineati davanti
ad un docente?
Come sostiene sir Ken Robinson, è
certamente paradossale che, sebbene nessuno oggi sappia dire con esattezza
neppure come sarà il futuro prossimo, si continui a supporre che le scuole –
così come sono ora, ovvero come erano decenni fa – siano in grado di preparare
gli studenti per il futuro, qualunque esso sia. Per di più, queste scuole non
sono in generale architettate in modo da rendere l’apprendimento efficiente,
stimolante, autonomo, personale, aperto. Non si mettono in discussione nè la
figura del docente, nè il concetto di valutazione, nè l’omologazione del
percorso formativo a prescindere dalle caratteristiche personali. Queste sono
questioni laterali per il nostro quesito, senonchè danno l’impressione che le
scuole nel futuro prossimo si potranno e dovranno, quantomeno, migliorare.
Ma serviranno ancora? Si: saranno luoghi privi di interferenze dedicati all’approvvigionamento,
all’apprendimento, all’approfondimento e alla distribuzione di conoscenze –
in qualunque forma queste attività avverranno. Non è certo una definizione
nuova nè rivoluzionaria di scuola (eccetto l’assenza di riferimento alla
valutazione e alla direzione del flusso di conoscenza). Nella sua semplicità,
però, penso racchiuda ciò che distinguerà la scuola dal resto dei luoghi, e
dunque la manterrà necessaria, in futuro. Lo illustro con due analogie.
Siamo da decenni nell’epoca delle
riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. Questo, a priori, avrebbe dovuto o
potuto portare alla scomparsa delle performance artistiche dal vivo. Invece, si
continua tuttora ad andare a teatro ed alle sale da concerto, quando si
potrebbe in ogni momento usufruire in simulazione di rappresentazioni teatrali
e concerti in un qualsiasi altro posto non dedicato ma dotato del simulatore
adatto. Penso che ciò sia dovuto, oltre che all’insostituibilità dell’esperienza
reale e del contatto umano diretto rispetto ad ogni suo simulacro, al fatto che
a teatro lo spettatore abbia la possibilità di esperire uno spettacolo visivo e
spaziale puro, in cui l’esperienza drammatico-visiva è controllata in ogni
aspetto e pulita da contaminazioni esterne. Nel caso dei concerti, chi li
attende viene ripagato da una esperienza acustica espressamente votata al suono,
orchestrato, ricercato, voluto, pulito, puro in quanto privo di rumore. I
teatri e gli auditoria sono luoghi definiti dal permettere esperienze artistico-sensorali
pure, idealmente isolate da interferenze esterne.
Prendiamo poi lo sport, particolarmente quello individuale. Perchè l’esistenza di manuali sportivi non ha cancellato le palestre? Le palestre hanno ancora motivo di essere in quanto, oltre a permettere un’esperienza condivisa dello sport e il contatto diretto con altri colleghi, sono luoghi dedicati alla funzione sportiva e associati nella routine dello sportivo ad una fortificazione della motivazione a sottoporsi a sforzi fisici. Senza istruttore/controllore, molti aspiranti atleti non sarebbero in grado di mantenere la disciplina necessaria a praticare uno sport con costanza e in maniera approfondita. L’esistenza del posto dedicato li aiuta, anzi può diventare il motivo stesso per continuare nella pratica; e anche in questo caso, in palestra si ha la possibilità ideale di dedicare il corpo ad una sequenza di movimenti determinata, senza interferenze e distrazioni.
Prendiamo poi lo sport, particolarmente quello individuale. Perchè l’esistenza di manuali sportivi non ha cancellato le palestre? Le palestre hanno ancora motivo di essere in quanto, oltre a permettere un’esperienza condivisa dello sport e il contatto diretto con altri colleghi, sono luoghi dedicati alla funzione sportiva e associati nella routine dello sportivo ad una fortificazione della motivazione a sottoporsi a sforzi fisici. Senza istruttore/controllore, molti aspiranti atleti non sarebbero in grado di mantenere la disciplina necessaria a praticare uno sport con costanza e in maniera approfondita. L’esistenza del posto dedicato li aiuta, anzi può diventare il motivo stesso per continuare nella pratica; e anche in questo caso, in palestra si ha la possibilità ideale di dedicare il corpo ad una sequenza di movimenti determinata, senza interferenze e distrazioni.
Nella mia idea, le scuole in futuro
assolveranno la stessa funzione rispetto alla conoscenza: luoghi puramente dedicati
ad essa, con tutta la possibile molteplicità di forme di fruizione immaginabili
– incluso l’apprendimento da colleghi, le esperienze dirette individuali e
collettive, le esperienze sensoriali aumentate. Senza interferenze e
distrazioni.
In pratica, penso che si sentirà una acuta
necessità di posti del genere, in cui, ad esempio, spezzare i pattern di
multitasking quando ci si vuole dedicare allo studio, isolarsi dalle
distrazioni socio-mediatiche per focalizzare l’attenzione, e più in generale
disconnettersi idealmente dalla routine quotidiana di rumore, interruzioni,
ossessioni da astinenza da connessione e sovrapensieri per concentrarsi su una
esperienza sensoriale ed intellettuale pura e pulita.
Fuori da questi nuovi luoghi sacri sarà certamente possibile, come già lo è, ottenere conoscenza autonomamente. Ma, per dirne una, sarà più difficile evitare di pensare che, sullo stesso supporto in cui si può studiare Wikipedia o seguire una videolezione online, i social network o i videogiochi o gli aggregatori di notizie sono a distanza di pochi click.