sabato 4 giugno 2011

Più che l'energia, il suo utilizzo

La miglior fonte di energia è il risparmio. Un tempo la campagna pubblicitaria di Enel suonava così: un messaggio chiaro e semplice, dalle implicazioni molto ramificate e promettenti, insomma del tutto attuale.
Agli smemorati propongo quanto segue. Supponete di disporre di una grande condotta d’acqua con grandi perdite lungo il suo percorso: come interverreste, se voleste aumentare la quantità di acqua che giunge a destinazione? La soluzione più semplice ma a lungo termine più inefficiente e dannosa sarebbe aumentare la portata d’acqua, pompando più acqua all’origine. Una soluzione molto migliore sarebbe invece quella di individuare e arginare le perdite della condotta, e solo in seguito valutare la disponibilità di acqua alla destinazione prima di proporre delle eventuali iniezioni. Se all’acqua si sostituisce l’energia, alla condotta le attuali reti di distribuzione e alle perdite la scarsa efficienza degli isolamenti termici, dei motori e degli impianti di produzione si ha un quadro per quanto semplificato della situzione energetica attuale.

La priorità energetica della nostra società non deve essere quella di disporre di più energia, bensì di fare un uso più oculato di quella di cui già si dispone: economizzarne l’uso, a partire dalle attività quotidiane, e farne un uso più efficiente. La rinormalizzazione del fabbisogno energetico e l’ottimizzazione dell’efficienza di utilizzo dell’energia rappresentano delle necessità a priori, indipendentemente dalle sorgenti di energia utilizzate. Solo sulla base di un sostanziale miglioramento dell’efficienza energetica delle strutture di cui disponiamo è possibile valutare realisticamente la necessità pratica di energia della società. Il rischio, altrimenti, è di immettere in circolazione un eccesso di energia che poi, a causa per l’appunto delle alte dissipazioni, si disperda direttamente nell’ambiente – contribuendo in modo sostanziale all’innalzamento della temperatura globale. Questo problema è, per me, serio al punto da moderare persino il mio entusiasmo per le sorgenti di energia rinnovabili, qualora non vengano anch’esse usate in maniera ben controllata. Non si tratta di un rischio da sottovalutare: disporre di energia gratuita a volontà potrebbe dare facilmente alla testa.
La maggior parte dell’energia in circolazione viene attualmente impiegata e sprecata per i riscaldamenti degli edifici e nei trasporti urbani, particolarmente automobilistici – mentre in un prossimo futuro l’alimentazione e il raffreddamento dei server informatici potrebbe diventare (altrettanto) rilevante. Allo stato attuale, le citate rappresentano delle vie di dissipazione di energia nell’ambiente molto nocive in quanto pressochè dirette. Una grande quantità di interventi sono possibili in questi ambiti per migliorare sostanzialmente le efficienze energetiche: ad esempio, coibentazione e passivizzazione degli edifici (i cui effetti si avvertono sia durante le stagioni fredde che calde), riciclaggio delle risorse (acqua e beni materiali di consumo), utilizzo dei trasporti pubblici, car sharing. Si tratta di comportamenti ed interventi capillari e locali, di cui si deve incaricare in primo luogo ove possibile l’iniziativa individuale di ciascun cittadino, sperabilmente coadiuvata da incentivi statali. Qui può evidenziarsi un forte ostacolo, dovuto alla cultura di un popolo nel caso non sia abituato od indotto a simili comportamenti. In molti casi, si tratta in effetti di cambiamenti strutturali nelle abitudini quotidiane, di fronte a cui si scatenanto delle facili resistenze (“Si, ma coibentare l’appartamento costa assai!”, “Quanto era più semplice la raccolta indifferenziata!”) o superficiali scetticismi (“Sai quanto ci vorrebbe per coibentare tutti gli edifici di una nazione?”), entrambi miopi dei vantaggi a lungo termine e della dimensione effettiva dello sforzo. In molti casi, gli utenti tendono ad aspettarsi innanzitutto direttive ed aiuti dall’alto – in assenza dei quali si sentono giustificati a non impegnarsi – piuttosto che iniziare autonomanente ad adoperarsi con interventi mirati e alla portata di tutti. Chiaramente, le cose sarebbero molto diverse e nettamente più facili se nei rotocalchi e telegiornali si parlasse quotidianamente di tecniche di risparmio energetico piuttosto che di cronaca nera o gossip: ad esempio, immaginate che effetto si avrebbe avuto se si fosse parlato della costruzione fai-da-te di impianti solari tanto quanto del famigerato delitto di Cogne, con la stessa cadenza e attentione.
Se ciò non bastasse, nel frattempo scegliere l’energia da fonti rinnovabili sta rapidamente diventando economicamente conveniente, come dimostra l’imminente pareggio tra costo di energia elettrica da fonti tradizionali e da solare su ampia scala, con prospettive di ulteriore e costante ribasso per la seconda rispetto alla prima.
Rimane poi il problema dell’efficienza della (rete di) distribuzione primaria dell’energia (elettrica), di cui si deve incaricare in primo luogo il gestore. Ma anche in questo contesto, gli utenti possono esercitare un certo peso, tendendo a preferire una produzione dell’energia distribuita e locale piuttosto che globale e centralizzata – scelta direttamente collegata a quella delle fonti stesse.

Non c’è dubbio che le fonti di energia del futuro siano quelle rinnovabili. Oltre a risultare essenzialmente inesauribili ed ad avere un impatto ambientale minore rispetto alle tradizionali (cioè fossili e fissili), esse hanno il grande vantaggio di essere in buona parte distribuite uniformemente sul territorio, specialmente quando usate in maniera combinata nella stessa reti di distribuzione locale. I punti di produzione possono pertanto essere ad accesso locale o persino individuali (come nel caso degli impianti solari fotovoltaici o a concentrazione sul tetto di casa vostra), con enorme riduzione sia dei costi e delle dissipazioni associate al trasporto di energia, sia della vulnerabilità stessa della rete di distribuzione, grazie alla moltiplicazione dei nodi di produzione e alla ridistribuzione del surplus di produzione dei singoli nodi. Tale nuova organizzazione energetica emerge ed incorpora una prospettiva di dislocazione e condivisione delle risorse che è contestuale al paradigma della rete.
Di fonti di energia rinnovabili ne esistono tante, e il numero delle declinazioni in costante aumento. Oltre alle più note (solare nelle sue varie declinazioni, eolico terrestre, geotermico, idroelettrico, energie da biomasse), è il caso di menzionare l’energia oceanica (fornita dalla trasduzione piezoelettrica movimento incessante delle masse d’acqua dei mari, su cui punta ad esempio l’Irlanda), l’eolico ad alta quota (con enorme produzione di energia da venti costanti), ed ovviamente la sorgente energetica ideale: le reazioni nucleari a bassa energia (LENR). Altrettanto importante è notare che molte di queste fonti siano costanti durante l’arco giornaliero (come i venti ad alta quota, il movimento dei mari, il gradiente geotermico, LENR), e la maggior parte di esse può produrre energia nei frangenti di massima richiesta (tipicamente non di notte).
Altro dato di fatto assai rilevante è rappresentato, in aggiunta ai vantaggi gia' elencati, dal mero potenziale economico delle energie rinnovabili, in termini di ritorno degli investimenti e potenziale occupazionale. Ciò è dovuto alla condizione quasi pristina del mercato. Dunque, se è vero che a molti imprenditori preme innanzitutto il guadagno a prescindere dal modo in cui viene conseguito, perchè non puntare sulle rinnovabili, che rappresentano un campo di investimento ottimo.

E poi, non sarà mica che questo presunto imperativo ad avere più energia disponibile abbia una grossa componente commerciale, finanziaria e/o ideologica? Chi l’ha detto che bisogna sempre consumare, e sempre di più? E per fare cosa?
Non vi pare invece più appagante riuscire a fare lo stesso o di più utilizzando meno risorse?

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