mercoledì 1 giugno 2011

Se il navigatore di dati usa l'istinto

Nella misura in cui la quantità di dati che si affacciano ai nostri sensi aumenta, mentre non aumenta - spesso per buoni motivi - il tempo che alla loro cernita destiniamo, la velocità di fruizione deve conseguentemente aumentare se si vuole tenere il passo con gli eventi che, volenti o nolenti, apparentemente ci riguardano. Come già osservato, questo induce superficialità nella cognizione e nella recezione dei fatti, stereotipizzazione di opinioni ed argomentazioni, e connessa procrastinazione degli approfondimenti più completi. Se non bastasse, la velocità di (catalog)azione – che si impone quale carattere dominante e richiesto nell’addomesticazione dei dati – ha delle assonanze significative, e tende a risvegliare e privilegiare, modi di pensare ed agire che sono strutturalmente codificati nel nostro retaggio evolutivo sotto forma di sbilanciamenti, sequenze di comportamento pre-programmate e modalità di scelta e risoluzione delle ambiguità non strettamente razionali (di cui l’economia comportamentale si occupa ormai da decenni, nonostante la refrattarietà del paradigma razionalista).
Come risultato di ciò, sospetto che, messo di fronte ai mezzi tecnologici che si fanno forieri di tale flusso ininterrotto (ma interrompibile) di dati da scandagliare, il nostro encefalo venga spinto a destreggiarsi anche regredendo più e più verso forme di funzionamento ancestrali, dettate in origine dall’istinto di sopravvivenza. Nel catalogare rapidamente e reagire istintivamente ai dati, tendiamo ad usare schemi mentali atavici non sempre razionali (sebbene non per questo necessariamente erronei) che bypassano facilmente le strutture neocorticali, ovvero le più recenti e, forse, più adatte alla pianificazione a lungo termine ed all'elusione di trappole gratuite quanto insospettate. Il mezzo messaggero stesso ci farebbe guardare al mondo con occhi più vecchi, più viscerali e meno adatti di quanto sarebbe possibilmente richiesto.
Questa deriva ci renderebbe meno razionali (da non intendersi nel senso di meno soggetti alle censure del super-ego), più suscettibili, e più manipolabili da parte di chi questi meccanismi ben conosce e sa polarizzare. Ma probabilmente, se questa organizzazione tecnologica proseguirà, le nuove generazioni saranno equipaggiate con schemi neurali diversi dai nostri, più adatti a sostenere il diluvio di dati che la società produrrà.

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