venerdì 30 aprile 2010

Questione di temperamento (La delusione dello spettro e lo spettro della delusione)


Tutto ha inizio da una delusione matematica.
Pari a quell’altra, più famosa ma meno tangibile, dell’impossibilità di esprimere il rapporto tra la diagonale e il lato del quadrato come rapporto tra due numeri interi. Già questa prima impossibilità mandò in depressione Pitagora – uno straganzo, per inciso – e incrinò la perfettibilità della sua visione numerica del mondo. Figuriamoci cosa gli prese quando si accorse dell’altro problemino, che per lui aveva risvolti addirittura sferico-planetari – un problema il cui spettro risuona, letteralmente, fino ad oggi.

Questo problemino si spiega facilmente con le corde (c’è chi ci ha provato con le camicie, con risultati scarsi), anche se dopo questo preludio pare quasi di parlarne a casa di un impiccato.

Allora: prendete una corda e fissatela rigidamente ai suoi due estremi (“Ma sembra una corda di chitarra!”: non sembra, lo è). Se la pizzicate, questa vibra (onde stazionarie) e così facendo emette un suono (fondamentale, supponiamo che sia per esempio la nota DO), la cui frequenza dipende inversamente dalla lunghezza della corda, e la cui intensità dipende da quanto forte l’avete pizzicata (il timbro dipende in maniera complicata da quello che sta intorno alla corda).
Lo straganzo di cui sopra si accorse (per primo, almeno idealmente) che se si blocca la corda nel suo punto medio (bisezione della corda), ciascuna delle due parti ottenute produce un suono di frequenza doppia rispetto alla fondamentale (prima armonica, o ottava, superiore) che ai nostri orecchi risulta come la “copia” della fondamentale (questo si spiega con un pò di fisiologia e di acustica, vedi Frova-1) ma più acuta di quella. E potete continuare ad libitum con le bisezioni, ottenendo ad ogni passo dai pezzi di corda dimezzati un suono di frequenza doppia rispetto al precedente (nel nostro caso, tutti i DO superiori che volete; anche se dopo i 20000 Hz e i 50 anni dovrete usare molta immaginazione per percepirli – ma al contempo capirete cosa provava Beethoven!).
L’istesso straganzo sembra si fosse anche reso conto che le cose fossero anche più gajarde di così. Infatti, se bloccate la corda libera a 2/3 partendo da un suo estremo (“dueterzizzazione”, se me lo consentite), scoprirete che la parte maggiore della corda così bloccata emette ora un suono di frequenza pari a 3/2 di quella originale (quinta giusta superiore, nel nostro caso un SOL), mentre l’altra parte (come indovinerete, a questo punto) un suono di frequenza doppia rispetto a quello della prima parte (essendone lungo la metà; quindi l’ottava superiore al SOL di prima). E anche qui potete proseguire nella dueterzizzazione della parte di corda già dueterzizzata, ottenendo una successione di note in rapporto frequenziale di 3/2 rispetto alle immediate precedenti. Esplicitando questa sequenza nel nostro caso: DO – SOL – RE – LA – MI – SI – FA# - DO# - SOL# - RE# - LA#(Sib) – FA – DO.
Toh guardate! Dopo esattamente 12 dueterzizzazioni ricompare un DO, e sta esattamente 7 ottave sopra al DO originale! Spettaculum visu! Armonia celeste! Pitagora straganzo planetario in excelsis!
Giusto?!
NO!
Perchè, matematicamente, 2^7 è diverso da (3/2)^12 !

Delusi? Scioccati?? Vi capisco, c’è da impazzirci, specialmente se non ci si era mai pensato prima...
E pensate a Pitagora, che ci aveva addirittura teorizzato l’armonia del sistema solare...

Il millenario problema del temperamento musicale sta tutto qui, e c’è poco da fare riguardo se non abbozzare e minimizzare (o rimuovere, come si fa nella stragrande maggioranza dei casi).
In sintesi, il problema deriva dal fatto che il punto di arrivo dell’algoritmo di bisezione non coincide con quello dell’algoritmo di dueterzizzazione, come invece a priori si sarebbe portati a pensare. L’illusione deriva anche dall’aver dato esattamente (ma convenzionalmente) lo stesso nome (a parte l’indicazione dell’ottava di appartenenza) a note che invece approssimano soltanto, e sempre peggio, il rapporto ideale che le dovrebbe legare alle originali.

“Ok! Ma in pratica, perchè questo è un problema?” vi starete giustamente chiedendo.
Ci sono diversi tipi di contrattempi connessi a questa fatale incongruenza. E rendersene conto richiede un certo sforzo per chi, come noi, è abituato ad ascoltare musica (praticamente tutta) che ha adottato una certa soluzione pratica a questo problema (che vi spiego tra poco) e l’ha ormai assiomatizzata. Ovvero, nell’impiegare un certo tipo di temperamento (che è la selezione delle note disponibili e la loro distribuzione nello spettro sonoro, che di per sè è una scelta arbitraria quanto convenzionale) piuttosto che un altro (tra i tantissimi escogitati), la musica (occidentale, soprattutto) ha prescelto anche l’intero insieme di intervalli e in definitiva di accordi (emissione simultanea di suoni) possibili. Questa scelta può avere motivi fisiologici e storici, ma è comunque ormai data per scontata: è il punto di partenza stesso della teoria musicale occidentale – come direbbe Schoenberg (originariamente a proposito dell’armonia tonale), è diventata per noi una seconda natura.

Il punto centrale è che, utilizzando l’accordatura dettata dalle regole geometriche introdotte da Pitagora e poi aggiornate da Tolomeo, Zarlino e da altri nel corso della storia - accordatura detta naturale - ogni tonalità è unica. Con unica intendo sia 1) che i rapporti tra le note successive all’interno della scala di ogni tonalità sono diversi da quelli di ogni altra; sia 2) (come conseguenza di 1), e per la fisiologia dell’apparato uditivo umano) che ogni tonalità ha un colore, un gusto, una qualità percettiva ben precisa e distinguibile – persino prevedibile, ed anzi ben presto catalogata dai compositori e sfruttata di conseguenza. Un pezzo bucolico pastorale? Vai col FA maggiore! Un pezzo grigio, triste ma maestoso? Niente di meglio (o peggio, diciamo) di un DO minore! Un Allelhuja gioioso, un pezzo eccitante e festoso? Come non usare il RE maggiore!
Questa unicità delle tonalità ha molte conseguenze, tra cui:
  1. la stereotipizzazione delle tonalità, che tuttavia rende l’ascolto meno impegnativo per l’ascoltatore medio, in quanto più prevedibile (e dunque gradito; Schoenberg sosteneva, più o meno, che gli ascoltatori accettano musica nuova, purchè sia vecchia);
  2. allo stesso tempo, alcune tonalità suonano malissimo e vengono sistematicamente boicottate per non provocare conati negli ascoltatori (nessuno si sognava di scrivere pezzi in LAb maggiore o MIb minore, per esempio);
  3. alcuni strumenti hanno delle accordature fisse, native per facilità di utilizzo, per cui suonano meglio nella tonalità nativa che non nelle altre; e questo è un problema sia negli assoli, sia nell’uso simultaneo con altri strumenti. Inoltre, negli strumenti a tastiera si giunse al punto di dover disporre di tastiere multiple per alloggiare tutti i suoni di cui si aveva bisogno (perchè, in sostanza, DO# è diverso (più acuto) di REb);
  4. per evitare cacofonie e intervalli azzardati (che poi diventeranno addirittura “vietati” in fase di cristallizzazione delle regole dell’armonia classica tonale), si tende a rifuggere dal cambiamento di tonalità (cioè dalla modulazione) nel corso di un singolo pezzo musicale; il che, specialmente nel Medioevo, era più che benaccetto: restare per tutta la durata di un brano entro la stessa tonalità era la norma (pensate al canto gregoriano, o ai brani di musica popolare) e rappresentava musicalmente la permanenza perpetua ed imposta degli individui sotto lo sguardo del dominatore e sotto il sistema di valori imposto dall’alto - un restare sempre comodamente a casa senza digressioni azzardate in territori sconosciuti. Al massimo ci si poteva allontanare dall’impianto tonale iniziale per poi tornaci alla fine, con grande effetto liberatorio nonostante fosse atteso se non obbligato. Altro che progressive; vedi Rattle).
Il secondo punto è che l’accordatura naturale sembra suonare “meglio”. Ce se ne può ancora rendere conto ascoltando cori a cappella di alto livello, la cui potenza sonora sembra pari a quella di eserciti interi nonostante i coristi siano pochi, ma proprio perchè risuonano perfettamente e indovinano accordature magnifiche.
Ovviamente qui si entra largamente nella zona del gusto e dell’abitudine; ma si capisce l’impatto che ogni proposta di cambiamento del temperamento e addirittura di adozione di uno standard doveva produrre sugli ascoltatori - al tempo anche più conservatori di ora.

Come detto, nel corso del tempo sono stati proposti centinaia di temperamenti diversi, ognuno dei quali concede importanza relativa maggiore ad un aspetto della problematica (per esempio, l’intonazione della terza maggiore e della quinta giusta) rispetto ad un altro (per esempio, la facilità di trasposizione). E qui non posso non citare il neo-pitagorico J. S. Bach, che compose la sua gran raccolta di 48 preludi e fughe per sponsorizzare un particolare temperamento, che funzionava bene secondo lui e per questo fu chiamato “bel temperamento” e che tuttavia non coincide con il temperamento in uso oggi (dei dettagli di questo bel temperamento non si ha traccia sicura). Un gesto storico perchè dimostrò platelamente quali scenari potesse dischiudere un temperamento opportuno.

E ad un certo punto si (ri)affermò una proposta semplice quanto efficacie: il temperamento equabile.
In sostanza, l’idea alla base è questa. Quale è il rapporto tra la frequenza di una nota e quella della sua ottava superiore? 2. Quante note vogliamo entro una ottava? 12 (scelta più comune). Bene, come facciamo a distribuire queste 12 note entro l’ottava nella maniera più equa ed egualitaria possibile (ovvero, come possiamo ripartire il fatele errore di cui sopra tra tutte le note, così che magari alla fine non si vede)? Semplice: moltiplichiamo la frequenza di ogni nota per la radice dodicesima di 2, ed assegnamo questo nuovo valore alla frequenza della nota successiva (questo funziona perchè lo spettro sonoro è distribuito secondo una scala esponenziale).
Ora, la cosa interessante è che questo artifizio funziona piuttosto bene anche nell’approssimare le accordature naturali di quasi tutte le note e allo stesso tempo, e per tutte le tonalità! E’ un bel colpo di fortuna.
Questa equalizzazione matematicamente esatta e acusticamente ragionevole è un intervento dal sapore democratico che, mentre le legittima tutte, annulla però la suddetta unicità percettiva delle tonalità. Ma allo stesso tempo, e soprattuto, permette l’accesso definitivo ad un artificio compositivo potentissimo, rinfrescante, catartico: la modulazione tra le tonalità. L’omologazione delle tonalità rese ogni tema musicale invariante rispetto al trasporto da una tonalità ad un altra, a parte l’altezza delle note effetive. Le melodie diventano effettivamente portatili.

L’accesso libero alla modulazione incrementò a dismisura la libertà dei compositori e il terrore degli ascoltatori, impauriti dalla prospettiva di tanta maleducazione e sconsideratezza. E allora, giù con trattati di teoria musicale apollinei e inderogabili, che cercano di imbrigliare e disciplinare questa libertà senza precedenti; e guai a voi se agli esami di armonia vi permettete una modulazione ai toni lontani senza almeno una nota in comune.
Ovviamente, e per fortuna, i compositori hanno sempre ragione rispetto ai teorici, fanno quello che gli pare e piace, e se ne fregano delle “regole” (e alla fine i teorici gli devono andare dietro!).
La modulazione nelle mani dei compositori più profondi ed innovatori permise di spaziare rapidamente e leggiadramente entro la geografia delle aree tonali.
E così la modulazione diventò l’arma più potente nell’aggressione ai confini del sistema tonale: derogando dall’ideale pitagorico, il temperamento equabile permise un progresso musicale senza precedenti. Ecco allora in successione Mozart lo sbruffone che gioca con le alterazioni, Beethoven il serissimo che serissimamente fa strabuzzare gli occhi per l’ardore agonistico delle sue sonate e dei suoi ultimi quartetti, Schubert che svolazza romanticamente tra le tonalità nell’intimità dei suoi quartetti, Debussy che accosta simulacri di accordi tonali solo in base al loro colore, Wagner che comincia a non capire più cosa sia la tonalità, Schoenberg che la sospende e poi inventa un algoritmo personalissimo (quanto poi copiatissimo, ed eretto addirittura a norma) per comporre pezzi – la dodecafonia, che astrae gli artifici classici di permutazione dei temi ma non contempla alcun concetto lontanamente echeggiante la tonalità.
Dopo Schoenberg, chi si azzardava a parlare tonale era considerato un principiante indecoroso. Ingiustamente, perchè “il DO maggiore ha ancora molto da dire” [un attimo che ci penso].

Detta così, può sembrare una bella storia appassionante come un romanzo appassionante, in cui opposte fazioni di progressisti e reazionari si scontrano in una battaglia fiera e rancorosa. Se volete vi lascio con questa illusione.
In realtà - sebbene ci siano molti eruditi che, anche a ragione, sostengano la necessità di un ritorno al temperamento naturale per apprezzare l’armonia primordiale (un esempio recente è questo) – occorre notare che la differenza percettiva tra temperamento equabile e naturale è molto piccola e, con buona pace dei fissati egomaniaci che se la tirano, piuttosto trascurabile (per esempio, confrontate gli estratti che trovate qui).
Personalmente sono molto a favore, quando possibile in base a tracce storiche attendibili, all’utilizzo dell’accordatura originale in base alla quale i compositori stessi hanno concepito i loro pezzi (in cui rientra anche l’utilizzo degli strumenti coevi).

Ma vorrei concludere con una osservazione che non appare in tutto l’annosissimo dibattito attorno al temperamento - nonostante sia, secondo me, cardinale. Ha a che fare con quello che la meccanica quantistica ha chiamato principio di indeterminazione, ma che più semplicemente, nonchè originariamente, è una proprietà intrinseca del suono, o meglio dei segnali (il celebre prodotto durata-banda minimizzato dai segnali gaussiani! la cui divulgazione si deve incidentalmente, tra gli altri, al buon vecchio Nyquist, lo stesso del teorema del campionamento) – o meglio ancora di ogni sistema lineare tempo-invariante (i cui domini reciproci - di cui le variabili coniugate della meccanica quantistica sono un esempio - sono legati dalla trasformata di Fourier; vedi Kosko).
E la cosa interessante è che, a quanto dice Frova-2, ne erano al corrente anche Newton e Bach.
Si tratta della relazione di reciprocità che lega la durata del suono alla sua specificità frequenziale. Torniamo alla nostra corda?
Bene, riprendetela e pizzicatela in modo che la sollecitazione sia la più breve possibile (per gli amici di Nyquist: approssimi una delta di Dirac). Otterrete una vibrazione più vicina ad un rumore che ad un suono ben definito. Se invece la sollecitazione è più lunga, il suono è ben riconoscibile.
Vale a dire, la definizione spettrale dei suoni (ovvero la loro accordatura!) dipende anche e imprescindibilmente da come il suono è emesso (transitorio di attacco e durata del suono): sollecitazione istantanea, spettro largo e rumoroso; sollecitazione lunga, spettro stretto e definito.
Una simile dispersione dello spettro sonoro delle note si applica in particolare agli strumenti pizzicati (chitarre e clavicembali) e, anche se meno, a quelli a corda percossa (pianoforti).
E più in generale, questa dispersione può essere tale da oscurare, ai fini pratici, ogni residua affermazione del secondo incubo pitagorico.

Riferimenti:
A. Frova - Armonia celeste e dodecafonia, BUR, 2006
A. Frova - Bravo Sebastian, Bompiani, 2007
A. Schoenberg - Manuale di armonia, Il Saggiatore
S. Rattle - Leaving Home
B. Kosko - Neural Networks and Fuzzy Systems, Prentice-Hall, 1991

mercoledì 14 aprile 2010

Rinormalizzare il linguaggio


Il linguaggio verbale è uno strumento comunicativo complesso e strutturato, flessibile e fertile.
Questi, come molti altri, sono attributi contingenti del linguaggio, emersi e selezionati attraverso un lungo cammino evolutivo etnico e culturale, oltre che fisiologico. Pur desiderabili, sono tuttavia attributi secondari rispetto alla caratteristica preminente di un simile strumento, che ne determina la funzionalità: l’espressività – la sua capacità di articolarsi e dispiegarsi fino a rappresentare la sostanza e il significato da trasmettere con soddisfacente aderenza, in un un esercizio di isomorfia perfettibile quanto convenzionale. Il linguaggio verbale si accresce, si stratifica, incorpora informazioni e conoscenze, sussume punti di vista e giudizi (anche subdolamente, come noterebbe Feyerabend), si aggiorna di risorse senza precedenti o riciclate, si deforma e si riconfigura al comando dell’utente per assecondarne le intenzioni e le direttive.

Persino l’espressività del linguaggio verbale è tuttavia, come le precedenti, una caratteristica labile che necessita di essere coltivata, esercitata e mantenuta attiva. E non occorre raggiungere gli orrori orwelliani di una rimozione dall’uso, sistematica quanto impercettibile, dei vocaboli del linguaggio per ritrovarsi progressivamente tra le mani un corpo finalmente mutilato, vacuo e devitalizzato.
Una modalità più semplice e meno evidente della precedente, che comunque non esclude anzi coadiuva, d’inibimento del potere espressivo del linguaggio è il suo appiattimento conseguente alla sua polarizzazione verso le estremità dello spettro espressivo – la sua digitalizzazione e trivializzazione ad una scelta binaria tra iperboli che si addensano soltanto agli estremi opposti della palette descrittiva. L’uso diffuso e compulsivo di esagerazioni, superlativi e neologismi oggi in voga - mutuato principalmente da intenti commerciali e scopi pubblicitari, ed efficacie nell’accalappiare l’attenzione per via del retaggio atavico dell’allerta verso un’insidia costante - induce facilmente la saturazione delle capacità recettive del destinatario. Affaticato dall’immaginare gradi sempre ulteriori e dal simulare traguardi ineguagliati per intensità d’esperienza, il ricevente può desistere dall’impresa o assuefarsi ad un linguaggio irto di bolidi lessicali ingombranti e spropositati. Ne deriva nel complesso un appiattimento del pensiero, uno spogliamento della sua vividità, una regressione della capacità di contemplare e gestire la gradualità e l'interpolazione.
L'affannosa aggiunta di livelli addizionali ai confini del qualificabile e dell’esperibile somiglia alla ricerca e induzione di gusti inusitati e surrettizi in gastronomia – è una opzione legittima anzi da investigare, purchè non danneggi e obliteri al contempo la ben più ricca e raffinata potenza espressiva del continuum frapposto agli estremi. La perdita delle sfumature e l’esclusione dei mezzi toni dalla gamma indicativa può non solo indurne l’eliminazione dal codice linguistico, ma anche precludere la facoltà stessa di percepire, individuare e qualificare tali stati intermedi dell’attribuzione. Con buona pace delle logiche a molti valori, e del loro potere computazionale e rappresentativo concettualmente superiore alla logica aristotelica degli opposti.

Tuttavia, la stessa dinamica evolutiva che ha forgiato il linguaggio verbale può suggerire una soluzione a suddetta deriva verso gli estremi. L’adattamento a innovazioni e nuove esperienze, che è una delle manifestazioni precipue dell’evoluzione, permette infatti di rinormalizzare il vocabolario di cui si dispone conseguentemente, per adeguarlo alle nuove esigenze comunicative senza adulterarlo nè impoverirlo. Quando si realizza che un’estensione dei confini del descrivibile è intervenuta, un linguaggio vivo e informato si può distendere per ricoprire in modo nuovamente conforme il nuovo dominio: ha tutti i mezzi per farlo.
E’ questo processo endogeno di rinormalizzazione - per cui l’aggettivo “cosico” usato oggi tiene conto delle nuove frontiere della “cosità” ed, incorporandole, è necessariamente diverso dallo stesso aggettivo omofono ma usato ieri – permette di aggiornare il significato degli attributi già esistenti e saggiati mantenendo intatta la loro gradazione e la loro posizione, pur non univocamente definita, nella gamma espressiva – evitandone lo svilimento e l’appassimento.

lunedì 5 aprile 2010

The Italian experiment

(Aggiornamento - 12 Aprile 2010: Claudio Messora ha pubblicato la traduzione in italiano di questo post sul suo ottimo blog)


Ladies and gentlemen,

I kindly commend your attention to let me briefly engage you in a surprising thought experiment. Close your eyes and allow yourself to drift into a relaxed state of mind...


...Imagine a small hyperdynamic country with little material resources but for an ever-bright sunlight, and adorned with amazingly-varied and astonishingly-touching landscapes; a country plagued by a very-long history of parochial fragmentations and wars, of domination by foreign, exploiting and often-unwise powers, and of unreasonable submission to a superstitious christian-catholic morality; a country with an equally-long, mindbogglingly-rich, deeply-influential cultural heritage expressed by many talented and enlightened geniuses, carved into unique monuments, engraved in immortal literature, overflowing in musical epitaphs, built into splendid architectures and embodied into mesmerizing popular gestures, a greatly-expressive and musical language and a supreme food taste.
Now update your mental picture of this peculiar country, and think of it as held by a formally-young but practically-puerile democratic political system, as originated from the violent reaction against a short but influential dictatorship - which achieved the first realization of collective hypnosis of human masses in modern European history, brought the country into a disastrous global war and left an everlasting impact in the country's collective imaginarium, when not longed-for by some of its citizens. A fragile democracy, though guaranteed by a solid, brilliant and envied Constitutional Law; a democracy nonetheless reflecting the lazy, clownish, approximative spirit of its average inhabitant - poorly-educated, formally-catholic, informed only by electric broadcasting mass-media and book-repellent, superstitious, creative, easy at complaining as much as accepting any moral and illegal abuse not offending his material standard of living, unrivaled in the black art of surviving, escaping from responsibilities and secretly-loving being dictated what to think and what to do.

Suppose now that a charismatic human figure arises to stand in front of this popular background - an ever-smiling, self-confident, smart and ambitious financial mind, expert in image manipulation and communication strategies. Suppose that, thanks to a vast economic fortune of supposedly-unclear origins and to a remarkable personal entrepreneurship, he is progressively able to settle a network of local broadcasting televisions, to build entire towns, to buy newspapers and book publishers, commercial chains and a hugely-successful football team. He builds for himself a preposterous image of a powerful self-made man, sharply-distinguishable and evident from the rest of its likes, largely-rich yet easy to trust, and wildly-alluring for his alleged King Mida-like taumaturgic capacities. Also, include in the picture that his dominating political and masonic allies help him solidify his illegal media tychoon status, legally-turning the country's media establishment he has largely distorted over time into normality. At the same time, consider how the country's citizens are bored of the monotonic, candid and uniform general-purpose public television, so that more and more they accord their preference and attention to the tycoon's own commercial and finally whole-country-spanning emissions - imbued with sticking advertisements, charmingly-vulgar entertainments, naked women, money-awarding shows, gold-covered former public television anchormen turned to the competition, and a permeating sense of optimism, dramatically-combined with the underlying assumption that brute money cannot but buy everything and lead to bullet-proof success.

At this point, start to reason about the influence that such self-imposed and perpetual exposure to a similar pervasive mass-mediatic conditioning may have on the mindset and weltanschauung of the citizens adhering to the new proposed lifestyle. By limiting their own sources of information to the few means kindly and apparently-freely provided by the ever-winning wide-smile man, this increasing mass of people unconsciously starts to perceive and interpret reality through the very eyes and mind of such man - they look at reality as he himself would like it to be shaped. Their gnoseologic apparatus is progressively-distorted to adapt to the distilled links to unreal reality their media godfather allows them - in the void name of freedom and liberalism.

Now let's raise the thread. Imagine that the man realizes that, during his glorious and impeccable activities, he has eventually made too many debts - his offshore financial societies, criminal and masonic links notwithstanding. He is desperate, but because of his narcissisticly-disturbed personality he considers himself invincible, and does not allow himself to loose and be deprived of his own fortune. At any cost. Thus, he turns to his even-darker fellow, who prodigiously treats him with an invention of sheer genius. Declaring bankruptcy? No. Escaping the country? No. Harakiri? Never. Instead, what about exploiting political immunity and overruling the very laws by governing the country itself? What more, with prodigious synchrony the man gets at that frantic conjuncture of need the perfect chance to enter the politic forum unsuspected of his publicly-declared aims (avoiding jail) - or better, unmistakably-hailed as the right, ideal, longly-expected good Samaritan, savior of the country from its collapse and for the pure country's sake. In a time of radical turmoil for the country's politics, as thoroughly revealed by the courts of justice, and for its social security, undermined by criminally-concerted and distributed mass killings, the man entered the political soccer field with a movement of plastic puppets, named after a stadium slogan; and with unprecedented speed - boosted by obsessive advertisements delivered through his televisions and papers, the plague of his enchanting imago of homo novus to politics destined to nothing but succeed in it, as well, as he had so-well done in his own business, and his strong appeal to the widely-felt impelling need of renovation - he finds himself standing on the throne. Willing to remain thereby seated forever.

Now increase the focus while you mentally dig into the technicalities of his strategy - built on that neat treasure of mass psychology deployed by US think-tanks in the '70s. The man debuted with an unprecedented feat. By the time of his appearance, a large part of the country's society was well-used to watch his own televisions - to look at reality through the minuscule and distorting cathodic keyhole of his commercial emissions. Well, at this point the divus manifested himself exposing in people's own homes through that filtered private keyhole. He addressed the potential electorate directly, without verbose filters and old-fashioned, first-republic-like lingerings. A memorable breakthrough: he plugged a private domestic cable to all citizens to monopolize their attention and dramatically made the emotional link between himself and the voters tangible. Hypnotized people do not realize that they are manipulated, and protest when pointed out to be asleep. That's the signature of a working hypnosis. Here the name of the hypnosis is emotional narrative.
The man capitalized on his anciently-seeded and longly-fed emotional connection with his public by few well-studied means. He let the people project themselves and recognize in himself by not hiding or even inventing presumed private defects: being short to the point of needing heels, tombeur de femmes, telling jokes in official occasions, and more. He looses no occasion to draw public attention on himself - at risk of ridicule, too. He made his personally-idealized history known to all citizens of the country by delivering his shining biography to millions of homes (at public expense). Short of inspiration if not from psychological negative self-projections, he claims to inspire his activity to the high ideals of freedom and liberalism, and accordingly re-named his political party. He distracted the attention of his hailing crowds from personal troubles toward terrible ominous enemies, to be found in almost-extinct species called communists (while being proud of being friend of a dreadful former KGB member and Russian president). He started a furious battle to attack the presumed obstacles to his otherwise prodigious action: the magistrates, and ultimately the Constitution itself. He promised a new economic miracle, claimed to spread optimism and love against the poor and hateful left wing while producing aggressive speeches and vulgar prosecutions against public institutions. The voters seemed to accept everything anyway anytime, when not being proud of the implicit power the man arbitrarily accorded to himself.
But this was only the apparent tip of a deep iceberg.
His planned action was easily and hugely successful also because he had meanwhile sold a joyful dream to his sea of voters, whose affection to their loved leader could not be shaken by any of his numerous illegal actions, confirmed failures, supposed crimes, established scandals, hypocritical christian-catholic moral (yet repeatedly consecrated by the roman church itself in exchange of tax exemption). His voters were by now engaged in a living story - just like the many they used to watch on his televisions, but much better and in first person - where they projected themselves into their hero, and could support him as long as they could vote for him (they need democracy for this), and wanted nothing but see the wonderful, glorious ending awaiting such magnificent collective enterprise in the face of the many purported enemies and obstacles and crises and impoverishment and exploitation and the boss' carelessness for people's needs. His voters want to live the dream they were sold - even at the cost of denying reality. A sealed link to the leader - nothing could remove such tremendous spell.
More radically, the man has by now deeply-revisited the very political parlance after having forged the popular, ejecting consistent meaning from common words and filled them back with a void irrelevant one; he introduced categories like love and hate that are not pertinent to politics, made unprecedentedly crystal-clear demagogic statements in each and every occasion, altered the very dynamics of the country's political life by enlisting starlets of his clownish cathodic stardom in his political lists, transformed the Houses of Parliaments into depandances of his own villas and palazzos. He instructed himself and all his adepts to systematically deny any allegation and accusation even in the face of documented facts. What more, he was unbelievably blessed by the conspicuous luck of being faced by the (to say the least) negligible opposition demonstrated against him by the major left-wing party - the most harmless, masochistic, self-contradicting, inconclusive party ever witnessed in the country's history: on the one hand, such party found itself dealing with the new advertisement-oriented gossip-moved language established by the man himself and, instead of rejecting such mischievous jargon, happily adopted it, ultimately acting from the beginning as a non-protagonist character on a stage set by and dedicated to the man; on the other, it was not able of any substantial initiative to let the spell go extinct even during the rare moments of power, unable to declare the huge conflict of interests of the man illegal, ultimately perfectly embodying the vile figure of a mellifluous cloud of recycled unconvincing stains wanting to enjoy easy public money without assuming any responsibility of leadership. Such party was, if anything, an excellent reason for the man's voters not to be deflected from their blind preference.

Now top off your mental construction by filling in the details of the dark side of the artifex of the spell. The man now standing in front of you cannot tolerate any criticism against his acts, and openly declares this out, in hindsight, by voicing out loud his supposedly-strenuous defense of pluralism and liberalism. His narcissism is extreme to the point of disturbing his personality. And he is dreadfully obsessed with his past - which may be on the verge of revolting against him and/or of being finally publicly unveiled - expressing out such parossistic obsession, in hindsight, with his perpetual refusal of letting himself being judged by the country's ordinary justice. He mistakes the hypnotic support manifested by the people with a supernatural blessing that should wishfully make him omnipotent and legitimate him in bending the law of the country at his need and please and in being considered more equal than all other citizens. And he avoids no occasion to fiercely shoot against magistrates and to spread hatred and skepticism over their constitutionally-supported activity, clearly-admitting, in hindsight, his guilt even before any potential trial. He is an essentially-lonely man that surrounded himself and filled the country's institutions with people who either owe something to him or want something from him or can menace him or that he can easily program to operate according to his private will. This way, he was able to let the Parliament approve a long list of infamous laws dedicated to solve his own private justice problems, letting his crimes go extinct before he could be accused or prosecuted for them - always proclaiming to act exclusively in the name of the people's need - a peculiar name for private interests. He finally hijacked the public information sources by surgically-removing all the most troublesome dissonant voices to be thereby found, and lining the public services up with his own private armies of mercenaries. The few political parties of true irreducible opposition are constantly anathemized as extremists, anti-politic and even anti-country, with no less than the approval of the major left wing party itself. Instead of recognizing in this warning the very signal revealing the very source of actual fear for the regime, most perplexed citizens agreed with the ban and flew away from such insidious minorities.
And docile new generations of faithful unscrupulous supporters are being forged by enacting a radical decomposition and miserable downgrade of public educational institutions, schools and ministerial programs.

The man's entire construction is pin-pointed around himself, and therefore destined to annihilate at the moment of his disappearance. But meanwhile, this lonely man is leaving tragic ruins all over the place.

If you bore with this exotic experiment till here, you should now have in mind a rough picture of a decaying country happily and blindly moving toward financial, cultural and institutional collapse right on the verge of a new dictatorship - where the few surviving antibodies that can hopefully reinstate health and secure future prosperity and civilization are mainly segregated in rigorous newspapers and magazines, on the Internet and in domestic intellectual havens. The last diabolic spell of the enduring regime consists in letting these numerous distributed circles feel like isolated and inane particles in front of the dominating consensus.

This experiment is an illusion - a tough one, but still an illusion...


...Right, honorable ladies and gentlemen! You did it - till the end!
Did you play the experiment? Were you able to imagine such a country?
Perfect, then you are ready for the final treat!
Now, open your eyes and ... lo' and behold!

Such a country actually exists.