sabato 4 aprile 2009

Del valore politico del battesimo


E' di pochi giorni fa l'ultima difesa ufficiale (legittima, nella forma) del Vaticano contro le accuse (legittime, e fondate) rivolte da molte nazioni europee - in linea con le raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità e con ricerche pubblicate su autorevoli riviste mediche, ultima "Lancet" - contro le esternazioni del papa Benedetto XVI a proposito dell'uso dei profilattici nella lotta all'AIDS.
In particolare, i rappresentanti del Vaticano hanno precisato che non possono tollerare che venga criticata una figura che rappresenta più di un miliardo di persone.

Ci sono almeno due grossi errori in affermazioni di questo genere:
1) l'ampiezza del sostegno popolare non può rendere conto del valore di verità di una affermazione, specialmente quando questa deve invece basarsi su fatti sperimentali.
2) come si fa a presumere di saper calcolare l'ampiezza di tale sostegno popolare? Senza dati alla mano, si tratta di assunzioni vacue e propagandistiche.

Qui interviene il valore politico del battesimo.
Riporto una parte di un mio recente intervento a proposito:

La spiritualità non è prerogativa delle religioni. Per coltivare valori di carattere spirituale, o sviluppare un’etica positiva ispirata al bene comune, non è necessario, e del resto neanche sufficiente, aderire ad una religione. Lo dimostrano da un lato le fenomenologie e le storie delle religioni, dall’altro molte filosofie. Aderire ad una religione è soltanto un diritto di ogni uomo, non certo un suo dovere o una sua prerogativa imprescindibile. (Per di più, tutte le religioni che vanno per la maggiore, ovvero le monoteistiche, si fondano sulla soggezione degli aderenti a dogmi preconfezionati, che stanno in totale antitesi con l’induzione al dubbio metodologico e con l’emancipazione perpetua dai pregiudizi sostenuta dalla filosofia e scienza contemporanea. Anche per questo le religioni sono, letteralmente, delle superstizioni di epoche barbariche.)
La legislazione italiana recepisce questi basilari quanto facilmente trascurati concetti nel considerare la religione di un cittadino un suo dato sensibile, ovvero una informazione personale che il cittadino non è costretto a dichiarare (al pari, per esempio, del suo orientamento sessuale) neanche nei censimenti statali.
Dunque, come fa la chiesa cattolica a farsi forza di rappresentare, a suo dire, la stragrande maggioranza della popolazione italiana? Attraverso il conteggio degli iscritti, ovvero del numero dei cittadini battezzati. Per questo, formalmente, nulla vale che una persona non si consideri cattolica, finché risulta iscritta all’albo dei cattolici. E ciò è importante, perché è in definitiva su questo albo che le gerarchie ecclesiastiche si arrogano la pretesa di rappresentare le credenze e l’opinione della nostra popolazione su molteplici questioni, anche molto delicate e su cui non dovrebbe avere autorità (per esempio bioetica e tecnologia). Il che equivale a dire che le opinioni che la chiesa cattolica fabbrica a suo arbitrio vengono automaticamente assunte come espressione del punto di vista della presunta massa popolare che essa si fa forza di rappresentare e/o influenzare, a prescindere che questa le condivida o meno. Non stupisce dunque che la politica, che del consenso popolare vive – perlomeno in una nazione in cui la democrazia è vigorosa e vigile – possa essere sensibile alla pretese delle gerarchie religiose. Ma la situazione italiana è negativamente speciale, in quanto la nostra classe politica ha da sempre dimostrato, quando non ostentato, una trasversale e docile dipendenza dal parere cattolico e una collusione con il suo potere e orientamento (dai famigerati Patti Lateranensi al Concordato dell’84, dalla polarizzazione del referendum sulla procreazione assistita alla legislazione sulle cellule staminali, alla caduta del secondo governo Prodi per via del dissenso interno alla risicata maggioranza sui diritti delle coppie di fatto, dal favoreggiamento fiscale delle attività e proprietà cattoliche alla devoluzione di gran parte dell’8 per mille alla stessa chiesa).
Bonificare le statistiche degli iscritti alla chiesa cattolica assume dunque, particolarmente in Italia, un valore anche politico. Questa bonifica si può fare sbattezzandosi: è facile, non costa praticamente nulla ed è altamente significativa. E’ il mezzo con cui si può definitivamente allineare il proprio personale pensiero con il formale status religioso. Ed è il primo importante passo verso l’emancipazione delle (reti neurali delle) future generazioni dal nefasto e traumatico plagio operato dalla religione (cattolica, nel nostro caso) che tuttora tutti subiamo inevitabilmente sin dalla nascita.
Infatti, probabilmente i concetti di dio e annessi (r)esistono soltanto perché fin dalla nascita veniamo informati e mai smentiti di essi (e addirittura ci viene insegnato a trattarli con timore, come si addice ad ogni strategia di controllo di massa). Così nel nostro spazio mentale si fa spazio ad essi nostro malgrado, e crescendo è difficile, pur volendo, sbarazzarsi di queste imbarazzanti presenze. Le nostre idee a riguardo sono sbilanciate in partenza. Solo nascendo e crescendo in un ambiente non contaminato dalle religioni sarebbe sensato speculare sull’innatezza del sentimento religioso.


(originalmente pubblicato dal Puzzoloso).

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