giovedì 24 dicembre 2009

Crisi ambientale? Occasione di progresso!

Ripropongo qui, vista la sua costante attualità (o inattualità, mi suggerisce Nietzsche, scusandomi per la finta modestia) e con qualche piccolo ritocco, un intervento pubblicato dal Puzzoloso il 14 Aprile 2007.

Il dibattito sulla crisi ambientale planetaria incombe e penetra ormai (o forse finalmente) in ogni spazio di discussione - pubblico o privato. Punti di vista, talvolta diametralmente opposti, si fronteggiano su un campo di indagine estremamente vasto, sfaccettato e oltremodo complesso (se non altro perchè riflesso diretto della struttura stessa del pianeta che abitiamo). Analisi, proposte, previsioni, scetticismo, disinteresse, dati e contro-dati, ignoranza e speculazione si incalzano a spron battuto per conquistare l'appoggio dell'opinione pubblica, e ( o forse) sopratutto per imporre la direzione preferibile alle manovre geopolitiche globali. La posta in gioco è altissima. Pertanto, a comitati di scienziati e pannelli di esperti, che descrivono schiettamente i sintomi della malattia mondiale e prescrivono approfonditi rimedi di molteplice natura, si oppongono anche personaggi ambigui - pagati da fonti altrettanto oscure espressamente per diffondere, in maniera attendibile quanto capillare, incertezza - disinformazione e senso di inettitudine. Il tutto condito con tanta paura.
Del resto, è ben noto a tutti che, mantenendo l'attuale ritmo dei consumi, le risorse mondiali di metalli saranno esaurite entro pochi lustri; che il petrolio e i combustibili fossili gli faranno compagnia, essendo già quasi finiti; che le foreste stanno scomparendo a ritmi impressionanti; che l'aria, le acque ed i terreni di mezzo mondo sono inquinati e causa di malattie ed epidemie tremende e spesso ignote. E non dimentichiamoci che la prossima glaciazione è imminente. Ora, con questo "global cooling" sulle spalle, quale speranza ci può ispirare a guardare agli anni venturi - noi, cittadini del 1968 A. D.?


Se sono riuscito a soprendervi a sufficienza con questo piccolo sketch (basato chiaramente su fatti veri, che potete controllare personalmente, e che qualcuno dei lettori più vecchi di me potrà anzi confermare personalmente), il mio intento provocatorio sarà stato chiaro.
Infatti, se aggiornate la data finale a quella di oggi e sostituite warming a cooling ottenete dal testo di sopra, penso ne converrete, una sommaria descrizione della situazione attuale.
E' cambiata la polarità del fenomeno (da raffreddamento a riscaldamento, comunque globale), non l'atteggiamento e lo spettacolo che lo circonda - almeno nella percezione mediatica.
Nel corso del secolo scorso siamo stati di continuo (e continuiamo evidentemente ad esserlo) fronteggiati da crisi ambientali irrevocabili, sostenute a gran voce da scienziati di chiara fama che addirittura sapevano prevedere, a loro dire, la data esatta dell'esaurimento del rame, e una lunga serie di accidenti simili. Nonostante il fallimento puntuale delle previsioni, essi continuano a prevedere l'imminente catastrofe - forse perchè a fare previsioni ottimistiche non si è degni di nota. Nulla di questo si è ancora verificato (con ciò sono lungi dal negare l'esistenza dei gravi problemi correlati): le foreste (pur innegabilmente divorate) sono tuttavia ancora in terra, anzi nell'emisfero settentrionale sono apparentemente in espansione; i metalli (uno tra i tanti esempi di risorse non rinnovabili (almeno sulla Terra)) e i combustibili fossili sono ancora in circolo (purtroppo)... Tuttavia, a partire dalla fine degli anni '80 si è iniziato a parlare di riscaldamento globale. Ecco la novità! Ed oggi esso si è affermato come nuovo paradigma (nel senso introdotto da Kuhn).

Conviene pertanto focalizzare l'attenzione su ciò che è rimasto uguale nello sviluppo della vicenda. L'invariante del sistema è la pesante atmosfera di crisi, coartante e permanente, che da decenni permea ogni discussione riguardante l'ambiente. Pur tralasciando in questa sede i riferimenti alle tecniche di controllo di massa, che da secoli vedono nella paura l'ingrediente cardinale, non deve sfuggire l'apparente schizofrenia della società (occidental(izzata), quantomeno) che nonostante il perenne campanello d'allarme, o se si preferisce la pressione ambientalista, non ha mai sostanzialmente mutato i propri ritmi, costumi e consumi di vita. Colpa di una semplice assuefazione? O forse della 'inerzia di massa', coadiuvata da una lenta presa di coscienza del popolo e probabilmente da una consenziente volontà di entità multinazionali?

Non sono in grado di dirvi se il riscaldamento globale è reale o meno (tendo per la prima ipotesi, sebbene di ampiezza minore di quanto presentato come caso peggiore), se quello che è (o forse non è) accaduto lo scorso inverno astronomico è naturale o artificiale, se è tutta colpa della specie homo sapiens sapiens o se per coincidenza assistiamo ad un picco di emissione di radiazione solare di durata anomala.
Non so, lo ammetto; ho solo dei sospetti.
Ma non voglio aver paura del cambiamento, se esso, come sembra, ci sarà.

Penso che il nostro tenore di vita, e ciò che in vita lo mantiene, non siano estendibili arbitrariamente, nè nel tempo nè nello spazio. Penso che la il concetto di rifiuto da ogni ciclo di produzione debba essere sostituito da quello di riciclaggio/riutilizzo. Penso che i concetti di società interamente eco-sostenibile; di veicoli, strumenti, servizi ed impianti ad emissioni ambientali trascurabili o nulle; di gestione razionale delle risorse non-rinnovabili; di approvvigionamento energetico esclusivamente da fonti rinnovabili (solare, eolico, geotermico, bio-combustibili, idro-piezoelettrico, ...); di ripristino delle condizioni dei terreni, dell'aria e delle acque - penso che simili traguardi dovrebbero essere perseguiti di per sè, perchè consistenti, soddisfacenti, vitali e prezioni per loro natura e per tutti (sarebbe d'accordo anche Kant), a prescindere dalle contingenze economico-ambientali del momento. Non dovremmo aver bisogno di crisi e sensi di colpa per perseguirli.
In questo senso, l'allarme ambientale diffuso, qualunque sia il giudizio su di esso, dovrebbe essere accolto o (re)interpretato come un (ulteriore!) incentivo alla rottamazione di abitudini innaturali, per intraprendere finalmente passi sostanziali verso un vero progresso.

Inoltre, è sorprendente pensare come - se è vero che il commercio bada essenzialmente al profitto e non al contenuto su cui si realizza - in pochi si siano resi conto delle immense potenzialità di introito e guadagno che un settore economico-commerciale pristino (il sogno di ogni imprenditore) come quello dell'ecologia possa offrire a chi le sappia opportunamente sfruttura. Guadagnare migliorando l'ambiente - c'è di meglio?

Infine, mai come in quest'epoca dell'interconnessione in tempo reale, globale quanto capillare, ha posseduto la società umana possibilità di cambiamento e velocità di transizione comparabili con quelle di cui disponiamo oggi. Possibilità di auto-organizzazione bottom-up, eventualmente svincolate dal tradizionale controllo mass-mediatico e che possono quindi prescindere dai vetusti canali regimentali.
L'epoca dell'informazione on demand interviene forse proprio nel momento in cui più ne abbiamo bisogno. Non possiamo permetterci di perdere questa occasione di progresso.

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