venerdì 17 settembre 2010

L'arte della sensualità


Si sente spesso parlare di sensualità dell’arte. Riflettendoci, penso che ciò celi una sorprendente discriminazione. Ma anche che ci sia un sempiterno esempio.
Tutte le arti si rivolgono a un numero limitato di sensi, e comunque non li soddisfano certamente tutti allo stesso modo. Tutte si rivolgono, in un modo o nell’altro, alla mente, ma si concentrano su e sono veicolate massimamente da vista e udito. La cucina, certamente una forma artistica di chimica, si occupa del gusto.
E per il resto? Chi si dedica all’olfatto e al tatto?
E’ vero, si da il caso di concerti in cui essenze diverse venissero dissolte nell’aria in corrispondenza di opportuni brani (mi dicono che l’abbia fatto perlomeno Jovanotti). E certo entrare in profumeria, sniffare colla o benzina, o maneggiare compost organici può fornire soddisfazioni erotiche o regalare piaceri anche intensi. Ma cosa fare per il tatto?
Bisognerebbe forse chiedere a chi legge in Braille cosa si aspetta per opera d’arte ideale? O andare a tastare tutte le tele del mondo per scoprire il pittore che aveva il tocco migliore? O pompare gli amplificatori sempre al massimo per essere scapigliati e cappottati dalle casse degli impianti di diffusione?
Io guarderei più vicino. E penso che l’arte sensualmente più completa ed appagante sia: il sesso.
Visioni, auscultazioni fruscii ansimi grida, odori, gusti, palpatine massaggi strusci sfregamenti baci; geometrica complementarietà e compenetrazione dei corpi; armonia di forme e di ritmi; coinvolgimento e sconvolgimento di segreti e secrezioni.
Roba da dio.

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