giovedì 16 settembre 2010
Leggerezza fondata
Preludio:
leggendo le sue Lezioni Americane, si ha quasi la sensazione che li Calvino abbia finalmente svelato l’armamentario di impalcature, strutture, tecniche e metodi accumulati nel suo artigianato, e dato l’idea di quanto lavoro abbia richieduto raggiungere la leggerezza (di cui parla in una celebre di quelle lezioni) che si manifesta nel suo stile letterario. Perchè Calvino si prendeva sul serio.
La leggerezza nella sua forma più sciatta e sterile si compone di pura superficialità, sradicata e fragile. La leggerezza è invece molto più interessante e rivelatrice quando scaturisce dalla convinzione di sè e nei propri mezzi. Con semplice bisticcio, bisogna saper leggere la leggerezza.
L’adozione sistematica ed imprescindibile di uno stile di scrittura perentorio, assolut(istic)o, necessario ed universale, e pertanto di solito pesante, saturante e ostico, che non lascia nulla all’immaginazione o all’interazione del lettore, bensì la costringe inappellabilmente entro strutture anguste di una rigidità parossistica – questa scelta, per l’appunto, rivela probabilmente un desiderio di proporre a se stessi una disciplina vincolante ed egemone, con l’augurio che essa aiuti a mascherare, confortare e consolare irrequietezza, instabilità, inquietudine, scarsa convinzione ed insoddisfazione di fondo. Di fronte a simili gabbie autoimposte si ha l’impressione di assistere ad un tentativo di far fronte alla dissoluzione o al deliquio della personalità, persa tra timori e conflittualità.
La stabile sicurezza conseguente al raggiungimento della convinzione in sè (in una parola, la maturità) permettono un ritorno alla leggerezza dello stile e degli atteggiamenti più in generale, ora riempiti di confidenza e fondati su basi più solide, per quanto e ancora in divenire. Questa leggerezza coesiste, interagisce e si alimenta con la consapevolezza d’ignoranza personale, la curiosità e il dubbio metodologico. Abbandonata la coazione all’oppressione, si preferisce alludere ed indicare soltanto, senza curarsi di otturare tutti gli spazi – e non perchè si abbia paura di non saperlo fare. Si possono finalmente accantonare e riscattare quelle angoscie e vergogne che, se pure sussistenti, dovrebbero essere materia di lavoro personale, ma che invece venivano proiettate sul destinatario nell’intento spasmodico di celarle. Con la leggerezza trasformativa di cui parliamo si possono far sedimentare tutti quei fardelli – si possono lasciare sul fondo per tenere ancorato il nostro bel aquilone.
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